martedì, dicembre 1

DDR, non era una ram… e la classe operaia andò in Paradiso



La Deutsche Demokratische Republik ebbe termine l’anno succesivo la caduta del muro di Berlino. In Italia da quel momento il Comunismo incominciò a dare i primi segni di cedimento, non perché arrivava aria nuova dall’Est ma perché la classe operaia, serbatoio di voti della sinistra, stava per essere decimata per il trasferimento delle industrie all'estero, in quei paesi che via via si liberavano dal blocco sovietico. Questo attuale governo ha pensato che per risollevare le sorti economiche del paese è necessario far rientrare i capitali illegali dall’estero, in questo modo gli imprenditori reinvestirebbero in Italia creando nuovi posti di lavoro. La stranezza di questo ragionamento è che forse, per crare nuovi posti di lavoro, sarebbe stato utile far rientrare le INDUSTRIE dall’estero, perché quegli imprenditori italiani non hanno alcuna intenzione di fare impresa in Italia, dato che le industrie le continuano a tenere all’estero. Ovviamente nessuno tocca queste imprese, prestigiosi marchi made in Italy, che di Italy hanno solo i dirigenti. L’ascesa dell’attuale premier imprenditore e l’indebolimento contemporaneo della sinistra, ovvero la fine del Comunismo italiano, si ebbe dal riflesso conseguente lo sbancamento delle industrie dall’Italia e la ricollocazione all’estero, nei paesi liberati dal blocco comunista oltre che in quelli del mercato asiatico. Il potere operaio andò scemando (e con esso aumentò la disoccupazione), una manna dal cielo per la nuova forza politica che aveva come leader un imprenditore. Il potere sulla cresta della politica da 15 anni di Berlusconi è rigenerato dalla continuazione del mantenimento dei capitali degli imprenditori e relative industrie all’estero. Il vantaggio per costoro è manodopera a bassissimo costo e profitto altissimo, per pochi dirigenti, perché il mercato resta in Occidente ed i principali consumatori restano gli Italiani. Il risultato è che queste imprese all’Italia non servono proprio a niente, non hanno più creato lavoro e continuano a sfruttare il mercato italiano. Per gli Italiani è un consumismo a perdere perché quello che spendono non viene reinvestito per creare nuovi posti in Italia o mantenere quelli che esistono; serve solo a fare arricchire sempre di più i dirigenti e continuare a mantenere le fabbriche all’estero, in Polonia in India in Cina ecc facendo lavorare con miseri stipendi gli operai di quei paesi. Riportare le industrie in Italia, per l’attuale presidente del consiglio significherebbe ricreare un potere operaio, tanto temuto negli Anni Sessanta e Settanta, pericolo di ripotenziamento di una opposizione reale, di cui non sente l’esigenza, anche se ciò costa in termini di lavoro. La precarietà operaia in Italia è stata e continua ad essere la forza di questo governo. Lo scudo fiscale invece... quel tesoretto creato dal 5 per cento si sarebbe suddiviso tra i vari ministeri che ne avrebbero fatto quello che meglio avrebbero creduto. Ne parlo al passato condizionela perché sembra che Tremonti abbia deciso di congelare gli introiti, attuali e futuri, con grande disappunto degli altri ministri, una delle probabili origini dello scazzo di Brunetta. Ma questi sono dettagli, ciò che importa è che la classe operaia italiana è andato in Paradiso da un pezzo e non c’è alcuna intenzione di farla resuscitare.

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