venerdì, settembre 12

Il luogo inatteso

C'era sabbia ad ogni angolo della stanza, portata dalle suole dei clienti, dalle pieghe degli abiti, dal vento furioso delle tempeste che entrava senza complimenti dalla finestre senza imposte. Mi chiedevo che senso aveva pagare una camera, quando fuori le stesse comodità le offriva gratis il deserto. Ero troppo stanco per lamentarmi e troppo lontano dalla civiltà per trovare alternative. I vestiti mi si erano accartocciati sulla pelle, il locandiere mi aveva assicurato la presenza di una doccia. Di fatti c’era un lurido cesso, col pavimento annerito da placche di muffa consolidata nel tempo. Un doccione che appena smosso sbriciolò polvere di ruggine; l’acqua incominciò a defluire con getti nervosi ed un colore verde amaranto, innaffiò generosamente la coltura di licheni sottostante. Lasciai scorrere, con l’illusione di vederla limpida. Dopo lunghi scrosci multicolore restò fissa una sfumatura sabbia. Non avevo ricambi, provai a lavare pantaloni e camicia, e rimasi nudo in attesa che asciugassero. Nel frattempo mi gettai sul letto, stremato. Nessun termine della civiltà poteva essere corretto in quel luogo. Il letto era una rete sgangherata con sopra un materasso strappato chiazzato da ambigue croste. Il braccio scivolò a terra, andando ad arare con le dita lo strato lanuginoso del pavimento.
Mi svegliai a notte fonda, colto dal freddo. Mi vestii. In che razza di posto ero capitato? Decisi di andare a fare due passi. Il proprietario, in bilico su una sedia appoggiata al muro, dormiva emettendo un grugnito scomposto. La birra in mano, sopra l’addome. Ad ogni ronfata la gonfia pancia lievitava e la mano allentava la presa facendo inclinare la bottiglia . Fuori era il buio assoluto immane e ancestrale, una distesa infinita di dune e nulla, uno spettacolo da lasciare senza parole e senza vista.
Almeno il cielo, il rassicurante cielo poteva rincuorarmi e proteggermi, invece no, neanche le stelle c’erano, neanche una, un manto opalescente profondo che si rifletteva su niente.
Dilatai le pupille, avevo visto bene? Una pallida stella muoversi lenta sulla cresta delle dune e poi lasciarsi scivolare veloce sino al pianoro. Un’anima dalla tunica bianca veniva a passo svelto verso di me. Indietreggiai all’ingresso della bettola. Era una ragazzetta dal viso scuro, decisa a scontrarsi, allargai le braccia in segno di resa, la ragazza mi scartò come un fantasma ed entrò. Farfugliò qualcosa al locandiere e sparì in una porticina dietro il bancone. L’uomo ebbe un sussulto lamentoso come se avesse risposto in ritardo. Non mi restava che tornare a dormire.
(continua)

4 commenti:

Kaishe ha detto...

Buongiorno Fabio...

Sei tornato alla grande con i tuoi racconti sempre così criptici...

Leggerti è davvero un piacere!

angie ha detto...

ciao Fabio, benritrovaro.
Grande racconto, come al solito.
Attendo numerosa il seguito.

Sulla situaziuone politica io non mi esprimo più perchè non c'è più niente da dire, c'è solo rassegnazione.

Anonimo ha detto...

Ok continua .. e intanto sono sulle spine !
Laura (degradodiroma)

Anonimo ha detto...

Ma a quando la successiva puntata ?
E' un "settimanale" ?
Laura (degradodiroma)