mercoledì, settembre 17

Il luogo inatteso (2)

C’è un momento della mattina in cui la temperatura del deserto resta in bilico tra il gelo notturno e il giorno ardente che avanza. Pochi minuti di pacifica convivenza tra l’uomo e gli elementi, la mente ed i pensieri sono più fluidi e scorrono netti e precisi. In quel momento la mia lucidità mi sussurrava di fuggire. Nulla di più facile, bastava tirarmi su lo zaino, uscire dalla porta senza serratura, fare le dieci rampe di legno marcio e trovarmi al bancone. Talmente facile che mi sembrava stupido farlo, la mia logica perversa della sfida mi imponeva di resistere, eppure il sole non mi batteva ancora in testa. Ma non dovevo subire il malevole effluvio del mio desiderio inconscio di autodistruzione, lo stesso che mi aveva portato sin lì. Sebbene quello che dovevo ancora fare era di gran lunga peggio. Un piccolo sforzo, veloce per non pensarci ed eccomi al cospetto di *** .
“Già te ne vai?”
Che domanda ridicola? Perché sarei dovuto rimanere in quella cloaca? Non meritava risposta, solo un commiato: “Allora addio!”
“Addio? Che parola grossa, impegnativa…”
“Non direi, non penso che ci rivedremo, senza cattiveria”.
“Capisco, però questo è l’ultimo avamposto, qualsiasi cosa succederà, qui devi tornare, se ci riuscirai…”.
“Eh certo, come no? *** nel frattempo che mi aspetti, fai un poco di pulizie nelle stanze”.
“Ah, per questo? ****?! Hai sentito?”, urlò verso la porticina. Notò la mia curiosità, “...la mia dimora. Mia figlia deve pur fare qualcosa!”
“Tua figlia? Sarebbe meritevole, ma dalle l’esempio!”
“Ah ah ah, avvelenato? Ah ah, ti chiedo scusa, tu hai ragione, ma sai com’è? oggi domani i giorni tutti uguali, senza che ti possa confrontare con la gente, ti lasci andare…”
“Parli bene l’Italiano, come mai?”
“Io sono un insegnante, lo ero… una volta… una volta…”, mi indicò una piccola foto sul tavolo nascosta da scartoffie ingiallite, “…mia moglie”.
“È morta?”, lui chiuse gli occhi. In quel momento dalla fessura della porta scintillarono due grandi occhi neri. *** si accorse dal mio sguardo della presenza della piccola spia, “****!, gridò. La ragazzina sgattaiolò dentro furtiva. Io lo guardai sorpreso. Con la mano mi fece cenno di avvicinarmi, mi accostò la bocca ad un orecchio, con un fiato di birra acida: “Lei non lo sa”.
“Ma perché?”
“Non ho avuto il coraggio…”
“Ma lo dovrà sapere prima o poi?!”.
Sbracciò per farmi abbassare la voce.
“Addio ***! e se non ti rammenterai di questo posto non ti sarai perso nessun ricordo”.
“Così sarà, pensa a te, stammi bene”.
Uscii, il sole aveva concluso la sua pausa su di me. Mi inondò accecandomi. Non mi interessava, niente poteva cambiare il percorso verso la mia meta, dovevo prima raddrizzare la mia anima per pensare a quella degli altri. O forse viceversa? Nel deserto si incontrano poche anime, ecco perché... mi sarei risparmiato il dubbio. Eppure quelle poche sono così intense, così concentrate che ne basta una per sballare i piani.
Il sentiero delle carovane, l’unico la cui traccia era stata studiata per non sparire del tutto, secoli di passaggi, cumuli, massi, torrette ad evidenziare il percorso, anche quando la sabbia li seppelliva, non poteva mai riuscirci per tutti. Ero in grado di resistere ad ogni pozzo di sosta, le cui cisterne il governo riforniva periodicamente. In pratica stavo andando a morire.

(continua)

4 commenti:

Kaishe ha detto...

Eccomi, eccomi, eccomi...

Ciao Fabio carissimo... mo' ti faccio pure uno squillo... e poi leggo la storia... tiè!

Kaishe ha detto...

imprevedibile... e difficilmente ipotizzabile anche lo sviluppo successivo...
Sei Bravo!!!! Davvero!

Anonimo ha detto...

Correttrice di bozze.
Errore in 7a riga.

Bella la seconda parte.
2/? Quante in totale ?

Ciao.
Laura (degradodiroma)

fabio ha detto...

Ciao
non so, non so di quante parte è costituita. Dipende da come mi metto.