lunedì, giugno 23

Canto nascosto



Ero tornato a casa sua, il nido Avrei voluto solo lasciarle le chiavi, ma non resistetti. Il portiere mi aveva squadrato con occhi diversi, come un animale raro che non avrebbe dovuto star lì, o forse aveva visto solo un cane bastonato, non disse niente.
La casa era sempre la stessa, un po’ scombinata e trascurata, non era più mia. Sentivo le pareti respingermi ed il silenzio avvolgermi nell’aria tiepida del settembre maledetto. Mi sentivo come un ladro e lei poteva venire da un momento all’altro. Strinsi le chiavi, pensai, l’ultima volta, e le gettai sul tavolo. Il caffé versato come il solito, sorrisi. Era immancabile per il suo essere sempre di fretta, indaffarata dal mondo, impegnata, mai ferma un istante a pensare, al contrario di me. Basta, finito, la mia espressione si spense di nuovo.
Aprii per andarmene, lei era davanti a me. Mi mancò il respiro.
“Che ci fai qui?”
“Ero venuto per lasciarti le chiavi…”
“E non le potevi lasciare al portiere?”
“Sì, ma non ero sicuro che…”
“Sicuro di che? Dammi ‘ste chiavi. Devo cambiare la serratura , ho capito”
“Ma cosa dici? Non mi permetterei mai, le chiavi stanno sul tavolo…”
“Sì, vabbe’, vai, vai!”, il cellulare nella borsa squillò. Lo scivolò fuori velocemente, lesse chi chiamava, pareva gradire, alzò la testa verso di me, furiosa: “Allora? Stai ancora qui? Vattene!”
Mi spinse fuori e sbatté la porta. Mi sentivo come una statua di sale, immobile e fragile.
Ascoltai l’inizio di quella conversazione, il tempo di spostarmi alle scale. La porta non tratteneva le voci: “Sì, mi aspettavo la tua telefonata. Se no mi arrabbiavo… non è vero, ti avrei telefonato tra poco.”
Meglio così, molto meglio. La vita gira, altro giro di ruota, altra storia, altri giorni felici ed altri giorni dolorosi. Quanto più la felicità sorride tanto più il dolore, in seguito, sarà cruento.
Meglio forse un mondo di mezzo? dove l’indifferenza regna sovrana e il grigio rassicurante della melanconia avvolge ogni sentimento come un manto di polvere. Non ridi ma non piangi. Sarà vero? Non è ugualmente soffrire? Una sofferenza sotto controllo, meno dolorosa, vista di fronte, che non ti colga alle spalle e ti tramortisca, levandoti dieci anni di vita. Ed anche se subiamo, e ci disperiamo e piangiamo e gridiamo, diavolo, dobbiamo pur morire prima o poi. Tutto si riduce ad un mondo di formiche. In questo universo immenso che importanza può avere la sofferenza di una formica?

7 commenti:

La Cosa ha detto...

Ma sai quante sono le formiche??????????
Somma le sofferenze.....

Ciao ;-))

Kaishe ha detto...

Bentrovato, Fabio...
Proprio oggi ti ho assegnato un premio...
Intanto ora leggo!

Kaishe ha detto...

Fabio... davvero, davvero, davvero BENtrovato!!!
Leggerti è sempre un piacere... spero solo che non siano autobiografiche le tue "storie"...
Un abbraccio anche se fa caldo... Buona giornata... Buon tutto!

Anonimo ha detto...

La parte brutta è che le hai dovuto lasciare la casa.

La parte bella è che adesso c'è un nuovo sfigato che se la deve sopportare.

E che ne sai che, non si sa mai, non sia proprio il portiere ?

Il cinico.

angie ha detto...

Fabio, ciao e bentornato.
Troppe emozioni sono risalite alla mente (al cuore) leggendo questo tuo scritto.
Adesso sono sensibilmente più triste di prima, ma anche consapevole del fatto che c'è chi, come te, sa rendere agrodolce questo sentimento.
Grazie

fabio ha detto...

Ragazzi è un racconto. Deve essere letto con la musica che me lo ha ispirato, triste ma caldissima.

Anonimo ha detto...

Whoops.

Cinico ma ironico, spero si sia capito che non volevo in alcun modo sminuire il senso della cosa... E' il mio meccanismo automatico che scatta quando qualcosa mi tocca. Peraltro il Pieranunzi "je l'ammolla", come colonna sonora ci sta tutto. Aggiungi Van Gogh che mi fa sempre un certo effetto, aggiungi che ho un cassetto con parecchi mazzi di chiavi e capisci perchè ho subito cercato di demolire...