giovedì, novembre 29

Campagne di altre terre

Negli USA ci vanno pesante

martedì, novembre 27

Gli angeli senza ali

seconda parte (segue dalla prima parte)

Era ancora notte quando il giovane si alzò dal giaciglio, prese qualcosa da mangiare e furtivamente si allontanò dal villaggio. La madre lo vide.
Corse per i boschi, si inerpicò sulle brulle rocce, andando incontro al sole nascente. E finalmente arrivò al lago, stremato, proprio quando il sole, esplodendo da dietro la montagna ghiacciata, incendiava lo specchio d’acqua. Il ragazzo gridò: “sono tornato!” Era da parecchio che mancava ma loro non tardarono a venire. Sembravano due grandi rondini bianche che scendevano dalle cime innevate e mostrarono la loro felicità trillando proprio come rondini d’estate. E veloci come rondini precipitarono verso il loro amico. Ma a pochi metri dal suolo, si fermarono, sospesi. “Che c’è, non mi riconoscete?” La loro espressione divenne cupa. Si guardarono intorno, annusarono l’aria. Il ragazzo parve intuire, si girò, ebbe solo il tempo di vedere il fogliame muoversi e gridare: “Scappate!” In un istante una moltitudine di frecce e lance fu scagliata contro i due angeli. L’angelo uomo venne colpito ad un braccio e rallentò il volo. La sua compagna si fermò e tornò ad aiutarlo. I cacciatori usciti allo scoperto, si portarono sulla riva continuando a tirare. Il ragazzo si avventò contro di loro provando a fermarli con tutte le forze, inutilmente. L’angelo donna volò con le braccia tese per afferrarlo. Ma a pochi metri dal prenderlo una lancia si conficcò dritta nel petto del maschio. Questo rivolse lo sguardo verso la femmina sorridendo, quello era un saluto, un accomiatarsi, un addio per significare la felicità del ritorno al grembo del Padre. Era sempre così che accadeva agli angeli morenti. Non così per i vivi. L’angelo donna emise un urlo che non aveva nulla di umano, simile a quello di un'aquila, così stridente e potente che l'acqua vibrò, la terra tremò, l'aria si fermò sulle teste dei cacciatori. Anch’essi si immobilizzarono, il sangue nelle loro vene gelò. L’angelo maschio, con la lancia piantata, precipitò lentamente a vite. I cacciatori ripresisi dallo spavento, si affrettarono a recuperare il corpo sull’acqua. La donna, furiosa picchiò giù, per prendersi il compagno. I cacciatori presero l’angelo caduto, cercando di tenere a bada lei con le lance puntate. L’angelo femmina, schivando i colpi, piombò a più riprese su di loro, come un falco impazzito. I cacciatori da terra non lanciarono le frecce per non colpire gli altri. La strenua lotta per contendersi il corpo si concluse con una vorticosa corsa verso le sponde del lago e un fitto lancio di dardi che costrinsero l’angelo a salire più su. Il ragazzo, che si era battuto fino allo stremo, fu legato. I cacciatori appesero l’angelo su un bastone, come una preda, mentre la femmina dall’alto, controllata dagli arcieri, guardava impotente. Così, per tutto il viaggio di ritorno.
“La bestia infame, vedete! Sta lì che ci guarda, ci segue, ci spia, maledetta!”

Giunti al villaggio, sparì alla vista. La buona caccia fu salutata da tutti con esultanza; la madre del ragazzo gli andò incontro a braccia aperte ma lui la schivò. Lo stregone decretò la festa che si sarebbe conclusa il giorno successivo con la messa al rogo dell’angelo morto, come si conveniva a tutti gli esseri dannati. Fu preparata la pira ed il corpo adagiato dinanzi, per il giorno successivo, nel frattempo venne dato inizio alle danze, canti e gozzoviglie, che testimoniavano la gioia della liberazione dai demoni.
Fu una notte di grida selvagge e balli sfrenati. Il padre del ragazzo entrò nella capanna invitando il figlio a festeggiare con loro: “ È finito un incubo, dovresti essere riconoscente al villaggio. Vieni a festeggiare con i tuoi amici e i tuoi fratelli”. “Oh poveri voi! Non capite quello che avete fatto. Un’anima innocente è stata sacrificata per la vostra ignoranza, la vostra codardia. Io non ho più nulla a che fare con questa gente. Non ho più amici, non ho più fratelli… ed ho preso una decisione… domani abbandonerò il villaggio”. “Non sai che dici, tua madre ne morirebbe”. “No, è riuscita a passare sul mio dolore senza un dubbio, sopravvivrà, come te del resto”. “Domani la penserai diversamente… ed ora… se non vuoi godere di questa festa, che il sonno ti schiarisca le idee”.
La baldoria si protrasse sino a tarda notte, poi gli abitanti del villaggio, spossati dalla stanchezza caddero in un sonno profondo. Solo lui non dormiva. Uscì dalla capanna, si diresse alla pira ai cui piedi era stato posto il corpo dell’angelo; nei pressi c’erano i due guardiani, accasciati anch’essi dal sonno. Si avvicinò ai pietosi resti,. “Mi dispiace. È tutta colpa mia… se non fossi tornato, non vi avrebbero teso questa vile imboscata… ora cosa posso fare?”. Rimase qualche minuto in silenzio, sentì distintamente una goccia cadere sulla sterpaglia della pira. Alzò la testa, il cielo era terso, la Luna pallida a metà rischiarava la notte e non c’era un alito di vento. Ancora un’altra goccia. Aguzzò la vista, in alto, molto in alto scorse un tenue bagliore, riflesso della Luna. “Sei tu!”, mormorò, era lei e quelle gocce erano le sue lacrime; non si era mai allontanata dal suo compagno. Scivolò giù silenziosa, come una foglia, fissò intensamente il ragazzo, gli sorrise, anche lui piangeva. Lo accarezzò sfiorandogli le lacrime: “Non appartiene agli uomini, lo porto con me”. Il ragazzo annuì, l’angelo si avvinghiò al corpo del compagno e prima di spiccare il volo diede un ultimo sguardo al ragazzo. Lui non si trattenne: “Posso venire con te?” “Dove ora andrò non è dato sapere agli uomini…” In quel momento un guardiano gridò l’allarme. “Vai, vai…“. L’angelo si soffermò ancora sui suoi occhi tristi, incurante dell’accorrere dei cacciatori. “Scappa, presto…”. La donna si alzò lentamente: “Il quarto plenilunio, al lago”, e spiccò il volo.

(la terza parte in giornata)

lunedì, novembre 26

Gli occhi di prosciutto stantìo

Da RAINEWS 24:

Pur senza mai pronunciare i nomi di Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, Berlusconi ha sferrato un' altra stoccata agli (ex) alleati: "D'altronde - ha detto il leader di Forza Italia - come possiamo andare avanti con questi alleati che ci hanno fatto perdere le elezioni del 1996 e ci hanno condizionato mentre eravamo al governo?".

Pronta la replica di Lorenzo Cesa (Udc): "Berlusconi faccia uno sforzo di umiltà. Ciascuno di noi puo' aver commesso errori, ma le principali responsabilità sono sue - dice a 'Domenica in' - Troppo spesso ha anteposto i propri interessi privati a quelli generali del Paese".
E finalmente! Ci hanno messo un po' di tempo ma alla fine lo hanno dovuto sputare 'sto rospo. Però nessun merito, il merito è sempre di Egli, perché se non dava questa accelerata indipendentista, gli alleati avrebbero continuato a tenere per loro la verità su di Lui, anche se evidente come una casa, per gestire un peso politico. Del resto tutto si ripete, anche Bossi, dopo l'alleanza ne disse di cotte e di crude, poi ritornò alla cuccia. Speriamo che non accada la stessa cosa. Sarebbe veramente deprimente e miserevole.
Cesa è stato proprio ingenuamente sincero, perché lui è uno ruspante, che parla prima di soppesare gli effetti delle sue dichiarazioni, come fece con Mele; Fini non ci sarebbe cascato, è furbo lui. Ma Cesa ha detto il Vero. Ed ora offre il fianco a domande 'retoriche' del tipo: Se seguivate la linea politica di uno che si faceva gli interessi personali, Voi alleati di CHI facevate gli interessi?
Come direbbe uno, questa è la POLITICA, amico.

sabato, novembre 24

Il cerchiobottista italico


Di Vespa ce ne è uno solo, anzi no, due, l'altro lavora per Panorama, guarda caso.
Riporto l'incipit dell'articolo che l'equilibrista italico ha scritto venerdì, nella sua rubrichetta "Visto da vicino" su Il Mattino: "Forse ha ragione il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri quando dice che la nuova guerra contro Silvio Berlusconi è soltanto all'inizio. O forse no".

O forse no???
Ma che ha fatto, corsi di aggiornamento da Aldo, Giovanni e Giacomo??

Camaleontico, sta già incominciando ad usare il linguaggio veltroniano
per conservare il posto al sole. E grazie, per lui è facile, con la tecnica giornalistica nota come 'ma anche sì, ma anche no', ci ha fatto una carriera.

giovedì, novembre 22

lunedì, novembre 19

In verbo veritas

Sette milioni di italiani hanno firmato una sottoscrizione per mandare a casa il governo Prodi e con il silenzio-assenso, far salire il nostro Silvio, che Dio lo protegga. In Piazza San Babila, il Nostro, ha avuto una folgorazione, un messaggio divino che ha subito divulgato davanti la folla osannante, il nuovo partito del popoli italiano della libertà, sette milioni di firme lo attestano! Che Dio gliene renda merito, che lo abbia in Gloria. Una personcina così merita veramente di essere premiata con il più grande dono al quale un vero cattolico come Lui può aspirare, diventare Santo, come giusto premio per tutto il bene che ha elargito a piene mani sulla Terra, la generosità, lo spogliarsi dei suoi averi materiali per dedicarsi al prossimo suo italiano come se stesso. Grazie, grazie, grazie il popolo italiano te ne rende merito: Santo Subito!


Sono mesi che l’Innominato preparava questa boutade. L’idea incominciò a balenare durante le votazioni per il nuovo PD; i cervelli della festosa macchina di propaganda di FI, si sono messi a tavolino ed hanno escogitato questa trovata. Prima organizziamo una raccolta di firme, per una cosa qualsiasi, tipo: siete insoddisfatti di questo governo? Risposta scontata. Gazebo distribuiti in tutti i capoluoghi di regione, come per un referendum, come per una elezione; poi dopo aver accumulato un discreto numero di sottoscrizioni, si fa chiudere a Milano dall’Innominato, sommerso da una folla di curiosi, e annuncia a ‘sorpresa’ la nascita del nuovo partito del popolo; così fanno sembrare che i milioni di firmatari, per la legge di causa ed effetto, abbiano sottoscritto anche e soprattutto per questo nuovo soggetto politico. E nell’opinione pubblica, quella di bocca buona, quella che si guarda i programmi fetecchia delle reti M., quella che ancora crede da 15 anni di diventare ricca come Lui, si insinuerà la convinzione che questo nuovo partito sia stato voluto direttamente dagli Italiani, per acclamazione diretta. Geniale.

Santo Subito! Ma subito, eh?!

domenica, novembre 18

Dimentichiamo

Noi dimentichiamo le nostre lotte, le nostre guerre, le nostre battaglie. O forse non erano così importanti per essere ricordate.

martedì, novembre 13

Gli angeli senza ali


Tanti anni fa esistevano degli uomini che sapevano volare, angeli decaduti.
Dopo la creazione non avevano ritrovato la via dei cieli perché, attardati a contemplare la meraviglia del creato, erano stati colti da un malcelato desiderio di godere dei frutti destinati all’uomo, figlio prediletto. Per punirli il Signore precluse loro l’accesso al Paradiso, non li sprofondò negli Inferi come aveva fatto con Lucifero perché non erano ribelli, si limitò a privarli delle ali ma lasciò il dono di volare, così gli uomini li avrebbero considerati diversi, cacciati e perseguitati per timore del loro potere soprannaturale, temuti e uccisi. Questo era il destino deciso dal Signore, sino a quando non sarebbero tornati a Lui.
Gli angeli senza ali si andarono a rifugiare sulle più alte vette della Terra, nelle nevi perenni, nei ghiacciai inaccessibili per fuggire l’uomo e fu loro concesso il dolore e il piacere terreno, ebbero la capacità di procreare e quindi di morire.
Le molte spedizioni dei cacciatori, il continuo espandersi dell’uomo ne ridusse la popolazione e, senza alcuna colpa, gli angeli si ritrovarono a contatto con gli uomini perché non ebbero più luoghi dove procurarsi il cibo che non fosse stato raggiunto.
Gli angeli non conoscevano l’odio, sentimento che solo l’uomo possiede perché già insito alla sua origine, la loro era una vita semplice e leggera, dedita alla contemplazione della Natura e all’amore verso le sue creature.
Accadde un giorno che un giovane pastore, spintosi in perlustrazione in una verde vallata, mai raggiunta prima, per far abbeverare il gregge nel grande lago lì presente, scorse una coppia di angeli, uomo e donna, che volavano nudi a pelo d’acqua; volteggiavano e salivano per poi scendere insieme in picchiata e tuffarsi, ne uscivano con pesci che si offrivano a vicenda. Il ragazzo rimase rapito da quello spettacolo ma nello stesso tempo era terrorizzato, perché sapeva come gli avevano detto nel villaggio che quelle creature erano pericolose, demoni che si cibavano di carne umana. Nascosto nel folto sottobosco, non si avvide che un agnello aveva sopravanzato il gregge per seguirlo. Il suo belare attirò l’attenzione dei due angeli. Si fermarono in aria e si girarono verso i cespugli. Il pastore fu colto dal panico, afferrò l’agnello e restò immobilizzato dalla paura. Gli angeli scesero fluttuando e si avvicinarono al bosco. L’agnello vedendoli svincolò dalle braccia del pastore e andò loro incontro trotterellando. Gli angeli lo accolsero con un largo sorriso e incominciarono a coccolarlo con mille carezze e baci. Il ragazzo approfittando della loro distrazione provò a fuggire, ma il rumore dei rami secchi lo tradì. Gli angeli allarmati, all’istante si librarono in alto e lo videro. Gli occhi scrutarono nel profondo della sua essenza e capirono di trovarsi a cospetto di un’ anima buona.
Ridiscesero e gli girarono intorno incuriositi. Si accostarono, lo toccarono, il ragazzo si scostò tremante. Gli angeli si guardarono in faccia e con un segno d’intesa il maschio volò verso il lago. Lei si mise ad accarezzarlo dolcemente con un soave sorriso. Era di una bellezza non umana, la pelle bianchissima, ma più della bellezza lo straordinario sguardo, il giovane ne rimase quasi ipnotizzato, infondeva serenità e amore, dolcezza e desiderio. Qualcosa che il ragazzo non aveva mai sentito prima, provò anche lui ad accarezzarla. In quel momento l’angelo uomo tornò. Il ragazzo si ritrasse imbarazzato. L’angelo rise e gli porse dei pesciolini appena catturati. Il giovane allargò le braccia, stupito, ma ebbe chiara la folgorazione della verità. Le creature in sembianza d’uomo con il dono del volo, non erano quelle belve feroci che avevano affollato i racconti della sua infanzia. Non erano i demoni, non erano i mostri descritti dallo stregone capo del villaggio.
Passò tutto il giorno in loro compagnia, a giocare, pescare ed anche provare a volare. I due angeli si fecero capire a gesti. Solo dopo essersi accomiatato, il pastore allontanandosi sentì lei gridargli: “tornerai?” Gli angeli erano sostanza di Dio e conoscevano i linguaggi degli uomini ma non era consentito usarli senza il permesso del Padre; agli angeli senza ali, era concesso.
Lui ritornò e tornò ancora e ancora e ancora.

La madre notò dei cambiamenti. La sua mansione di pastore gli stava prendendo tutto il tempo che gli altri dedicavano alla caccia e alle funzioni sacre. All’ennesimo rientro a notte fonda gliene chiese la ragione. Il giovane conosceva la madre, molto legata alle usanze del villaggio e molto superstiziosa. Le diede un bacio sui capelli, cosa che non aveva mai fatto: “Ecco mamma, è notte. Vai a dormire, domani ne parliamo”. Ma all’alba era già partito. La madre ne discusse con il padre, tutto dedito alle funzioni di custode del sacro fuoco.
Quella sera però il ragazzo non tornò, si era lasciato prendere talmente dall’entusiasmo che non si rese conto che la notte era sopraggiunta, era pericoloso muoversi nel buio della foresta. Gli angeli lo portarono nel loro giaciglio, una grotta nascosta sulla cima del monte che sovrastava il lago. Lì dormì. Il mattino seguente al ritorno sul lago trovò i resti straziati di 10 pecore, si inginocchiò a dolersi e meditare. L’angelo gli chiese il perché. “Non vedi? I lupi hanno assalito le pecore”.
“È la Natura. Ogni creatura vive e sopravvive, dando e togliendo la vita”. “Ma ora che tornerò, subirò una lavata di testa perché non ho saputo difendere il gregge”. “E come potevi fare, da solo?” “Io da solo no . Queste non sono le terre dei nostri pascoli, lì i cacciatori stanno in vedetta. Io non dovevo stare qui”.
Ritornato al villaggio la madre lo rimproverò per la sua assenza: “madre, perché vuoi sapere ciò che non ho da nascondere? Mi sono attardato e ho passato la notte in un rifugio”. “Figlio, ma perché ti sei allontanato così tanto?”. “Non preoccuparti, domani non mi allontanerò”. Infatti aveva deciso che per qualche giorno non sarebbe tornato al lago.

“Dieci pecore, dieci… e una ragione c’è. Tu non eri dove dovevi stare”, il padre non aveva dato molta importanza all’assenza del figlio ma questa volta, un fatto materiale contava più di ogni cosa. Se ne andò infuriato, il ragazzo era molto rattristato perché sapeva che per il villaggio ciò che aveva fatto era un errore grave. La madre cercò di rincuorarlo: “Tu sei stato sempre un buon custode del gregge, lasciamo stare che non vuoi andare a caccia. Qualcosa c’è che ti ha fatto errare. Dove sei andato?” Il figlio, preso dallo sconforto, per far capire alla madre che in fondo la ragione del suo sbaglio era insista in qualcosa di molto più grande di loro, raccontò dell’ incontro con gli angeli, della loro natura benigna, della bellezza della loro anima. “No! Mi metti paura, quelli sono demoni, oh figlio, potevano divorarti, no, no, non devi più… sei salvo per miracolo, no…”
“Mamma, la verità la sai qual è? Tutte le leggende che si dicono su queste creature, nulla è vero. Lo stregone non sa niente”.
“Blasfemo! Lo stregone è il tramite, lui sa tutti i segreti della terra e del cielo. Promettimi che non andrai più da quegli esseri, prometti!” Il ragazzo restò muto. “Figlio, la maledizione può cadere su di te, il male ti può assalire…”
“Madre, fammela tu una promessa. Non parlarne con nessuno. Perché se lo farai allora il male cadrà su di me”. La madre tacque.

“Allora, ragazzo, dove stanno?”, la voce inconfondibile del capo villaggio, al ragazzo andò di traverso il pezzo di formaggio, si girò. Già dentro la capanna, vestito con gli abiti sacri, con i suoi sacerdoti al seguito, il ragazzo lo fisso intensamente, poi passando con lo sguardo verso il padre piombò due occhi accusatori sulla madre che abbassò il capo. Il padre intervenne, “figliolo, questa è una faccenda che si deve risolvere…” e la madre, “…è per il tuo bene”.

“Non ho nulla da dire, non so neanche chi state cercando”-

“I demoni, i demoni. Tu li hai visti”, la voce dello stregone tuonava sorda.

“I demoni? non li ho mai visti.”

“Tu menti!”

“No, io sto dicendo la verità, da me non potrete aver nessun aiuto”, si portò verso l’uscio.

Lo stregone lo afferrò per un braccio, con tono minaccioso: “Bada, ragazzo…”

Il giovane lo fissò con sprezzo e guardò di nuovo la madre, con un’espressione che lasciava intendere tutte le conseguenze dei fatti. Si strattonò dalla presa dello stregone e uscì fuori.
Il popolo della tribù si era adunato nello spiazzo, il ragazzo vi passò in mezzo. C’era silenzio, poi una voce: “Posseduto!” e altre, “Vuoi dannarci tutti?” “maledetto” “tu sei un diavolo” i diavoli in Terra porteranno la nostra fine”. Incominciarono a spintonarlo, qualcuno sputò. “Cosa volete da me? Lasciatemi in pace”. Sopraggiunse il padre che si parò davanti: “Fermi, è ancora disorientato. Dategli tempo, mio figlio non sa bene il pericolo che sta correndo. È solo una vittima dei diavoli”.
Il ragazzo restò fuori il paese per tutto il giorno, rientrò la notte fonda. I giorni che seguirono furono una continua persecuzione degli abitanti, ovunque andasse, qualsiasi cosa facesse era bersagliato da offese e feroci minacce. I suoi coetanei lo dileggiavano ed anche quelli che gli erano stati amici lo evitavano. Alcuni prepararono una spedizione punitiva e vicino al pozzo tentarono di buttarlo giù. Lo stregone, con la sua voce cavernosa, li fermò. Gli attentatori indietreggiarono, lui si avvicinò al pozzo. “Ragazzo, quanti laghi ci sono nel nostro territorio?” Il pastore era rimasto senza fiato, per il pericolo incorso. “Te lo dico io, tanti. Ma solo uno è quello che cerchiamo. Non ce lo vuoi dire?”. Il ragazzo ingrottò la fronte. “Sta bene! Domai manderemo spedizioni in tutti i laghi. Li troveremo. Ah, se li troveremo!”.

fine prima parte

mercoledì, novembre 7

messaggio criptico























































Io
non sono superstizioso

Io la superstizione non la capisco proprio. Si dice che porti sfortuna camminare sotto una scala, quando l’operaio sta lavorando in bilico contemporaneamente con un secchio colmo di pittura e una siringa di cemento a presa rapida; si dice che porti sfortuna rompere gli specchi, i cristalli di Boemia, il tucano Swarovski da 1200 euro… e graziealcazzo!

Allora io ci aggiungo che porta sfortuna bruciare i soldi, gli assegni, i buoni postali e tutti i titoli a rendita, molta più sfortuna se sono intestati al piromane; porta sfortuna farsi una passeggiata di notte nei vicoli del Bronx; andare a visitare lo zoo safari di Persano in spider con la capote abbassata; porta sfortuna lavare la macchina con l’acqua ragia; porta sfortuna mandare ‘affanculo il proprio capo senza un’alternativa soddisfacente; grandissima sfiga a chi è andato per funghi nella valle delle Tre Gole in Cina mentre si aprivano le acque della grande diga, ma sono i funghi cinesi i colpevoli, li avete mai visti? E che sono funghi? Sembrano mucillagine. Se non portano sfiga quelli…

Invece si dice che porti fortuna pestare una cacca, non quella bella grande e generosa di una vacca, tutta paglia che si toglie con niente e neanche quelle piccoline e secche che basta un calcetto e saltano via, no, quelle medie, spalmose come la nutella, prodotto di una digestione a base di mastice da falegname… allora preferisco tenermi la mia sfortuna e le scarpe pulite.

lunedì, novembre 5

L'altra faccia del crimine



Alcune volte la protesta di massa offusca le menti.

Non ho più la forza di ripeterlo.

In seguito all'ordinanza del Sindaco di Roma, di sgombro del Campo rom di via dei Gordiani, il 30 ottobre con l'intervento improvviso delle ruspe e la demolizione dei container con gli oggetti personali delle famiglie che vi abitavano, sono stati schiacciati e violati anche i diritti dell'infanzia. Le foto sono di Roberto Pignoni, tranne l'ultima. Il campo non era un accampamento fuorilegge ma una struttura impiantata dal Comune, come si può capire dalla foto aerea, e assegnata legalmente a coloro che vi stavano domiciliati.

Questi metodi da squadretta d'assalto non sono una novità, lo stesso Pignoni testimoniò un altro intervento simile durante la giunta Rutelli.

Sembra che non si conoscano altri modi per intervenire, la prevenzione democratica si accompagna con la memoria e purtroppo quella manca. Veltroni si preoccupa di preservare la memoria della 2a Guerra Mondiale e delle deportazioni degli ebrei di Roma, e non si cura di avere memoria di eventi molto prossimi, di appena 7 anni fa e li ripete.

C'è qualcosa di illogico, tra pensare in un modo e agire in un altro. E soprattutto una pochezza di pensiero su soluzioni sociali alternative. C'è pochezza di materia grigia, pochezza di volontà, la miseria umana sta nel cancellare il problema piuttosto che risolverlo. Non si è mai fatta un'analisi seria e concreta, continuiamo così, al prossimo sgombro forzato, tra altri sette anni.